Il tema dell’aborto e della obiezione di coscienza ultimamente sono al centro di grande dibattito.
Negli ultimi giorni ha destato molto scalpore il caso di una donna che voleva abortire e che si è vista respingere da ventitre ospedali considerato lo scarso numero di medici non obiettori.
Così come hanno, recentemente, suscitato reazioni contrastanti il primo concorso indetto nel nostro Paese per ginecologi non obiettori, nonché il bando per assumere due biologi non obiettori per un centro di procreazione medicalmente assistita.
La legge n.194/1978, “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, regola il fenomeno dell’aborto, che prima veniva praticato clandestinamente con esiti spesso dannosi e talvolta letali per la donna.
La ratio della legge è quella di tutelare la salute della gestante, nonché la sua facoltà di scegliere se interrompere o no la gravidanza.
Indubbiamente la scelta/possibilità di abortire è regolata dalla legge vigente, ma è altrettanto influenzata da questioni sociali, culturali e religiose.
L’art. 9 della legge n. 194/78 recita che “il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui all’articolo 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza; si tratta dei c.d. “obiettori di coscienza”.
Per meglio comprendere quali siano i “confini” dell’obiezione di coscienza si segnala la sentenza n. 14974/2013 della Corte di Cassazione che ha condannato, ai sensi dell’art. 328 c.p. “Rifiuto di atti d’ufficio”, ad un anno di reclusione il medico che si era rifiutato di prestare cure alla paziente sottoposta ad interruzione di gravidanza mediante somministrazione farmacologica.
Si precisa che le cure erano state espressamente richieste, dopo l’intervento interruttivo, dall’ostetrica, dal primario e dal direttore sanitario, stante il rischio per la salute della donna.
Un rifiuto, dunque, indebito ed ingiustificato di un atto che il medico avrebbe dovuto porre in essere senza ritardo.
L’art. 9 comma 3 legge n. 194 precisa, infatti, che l’obiezione non si riferisce all’assistenza antecedente e successiva dell’intervento e pertanto l’obiettore non può esimersi dall’effettuare le cure (precedenti e postume) che garantiscano la tutela della salute e della vita della donna.
La Suprema Corte ha, infatti, sottolineato che “l’obiezione solleva il medico unicamente dal compimento delle procedure e delle attività necessariamente dirette a determinare l’interruzione della gravidanza, diritto che peraltro trova il suo limite nella tutela della salute della donna, tanto è vero che il comma 5 dell’articolo 9 della citata legge esclude ogni operatività dell’obiezione di coscienza nei casi in cui l’intervento del medico obiettore, sia indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo”.
Il diritto di obiezione esonera il medico dall’esercizio delle attività che comportano il diretto intervento di interruzione della gravidanza ma non comprende quelle precedenti o successive.
Si precisa che se il medico interviene, procurando un aborto, per salvare la vita alla donna o per tutelarla, egli resta obiettore avendo agito per la salvezza della vita della stessa.
Infine, non vanno dimenticati i disegni di legge per riconoscere anche ai farmacisti la c.d. “clausola di coscienza” nella vendita di farmaci per la contraccezione di emergenza.
Anche in relazione a tale dibattito non mancano opposte reazioni.
Vi è chi riconosce la legittimità del diritto all’obiezione anche per la categoria dei farmacisti.
Vi è chi afferma che la c.d. “pillola del giorno dopo” e la “pillola dei cinque giorni dopo” non sono farmaci abortivi ma “contraccettivi di emergenza che ritardano o inibiscono l’ovulazione” ed, in quanto tali, non possono essere oggetto del diritto di obiezione di coscienza.
Ciò anche in considerazione del fatto che il farmacista, a fronte di prescrizione medica, è tenuto a dispensare il farmaco e per legge deve erogarlo, essendo la farmacia il primo presidio del SSN sul territorio.