Accordi di separazione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 2036/2018, ha stabilito che “in caso di separazione consensuale, l’accordo tra le parti riguarda solamente ciò che ne ha costituito oggetto”.

Più precisamente, le parti possono decidere di accordarsi su tutti gli aspetti di natura patrimoniale o solo in relazione ad alcuni di essi: su quelli non disciplinati è consentito instaurare un successivo giudizio.

Nella fattispecie una donna aveva presentato ricorso contro un’ingiunzione di pagamento ottenuta dopo la notifica del divorzio dall’ex marito, il quale sosteneva che la ex moglie fosse in debito nei suoi confronti per somme utilizzate al fine di acquistare, ristrutturare ed arredare l’immobile destinato a casa familiare.

Di contro la donna sottolineava l’effetto transattivo e conciliativo di tutti i rapporti economici tra i coniugi raggiunto con la separazione personale consensuale, ritenendo che l’accordo aveva disciplinato la totalità dei rapporti patrimoniali e che, quindi, non poteva essere rimesso in discussione in un separato giudizio.

Gli Ermellini hanno evidenziato che non esiste nel nostro ordinamento il principio in virtù del quale la separazione consensuale debba disciplinare ogni rapporto patrimoniale tra i coniugi.

In essa vi è, infatti, un contenuto necessario (il consenso reciproco a vivere separati, l’affidamento dei figli, l’assegno di mantenimento ove ne ricorrano i presupposti) ed uno eventuale relativo agli accordi patrimoniali in vista dell’instaurazione di un regime di vita separata.

A riguardo le parti possono prevedere quanto ritengono opportuno, non prevedere alcunché oppure accordarsi per la disciplina di alcuni rapporti e non di altri.

L’accordo tra le parti vale solo in relazione a quanto dalle stesse concordato e non può disciplinare ciò che non ne ha costituito oggetto.

Il ricorso è stato rigettato.

 

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