Affidamento minori e assoluto impedimento di un genitore

Con sentenza n. 21966/2018 la Corte di Cassazione ha stabilito i presupposti per la concessione al padre – detenuto per reati di criminalità organizzata – della misura alternativa alla detenzione carceraria e, dunque, del beneficio della detenzione domiciliare quando la madre è impossibilitata ad accudire i figli minori.

Nella fattispecie il padre, condannato per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., era ricorso al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la concessione della detenzione domiciliare per potere assistere i figli minorenni essendo a ciò impossibilitata la moglie affetta da «disturbo dell’adattamento con ansia e depressione misto e disturbo dipendente di personalità».

L’istanza veniva rigettata avuto riguardo al fatto che il «disturbo dell’adattamento con ansia e depressione misto e disturbo dipendente di personalità» non appariva sufficiente per l’accoglimento della richiesta e che, comunque, la donna svolgeva regolare attività lavorativa, manifestando, pertanto, adeguate competenze sociali.

Il Tribunale evidenziava, inoltre, in capo al detenuto un indice di prognosi criminale tale da ritenere probabile la reiterazione del reato.

Veniva dunque impugnata la decisione del Tribunale per violazione di legge e difetto di motivazione, rilevando che la condanna per la partecipazione ad associazione mafiosa non basta a ritenere attuale il pericolo di reiterazione del reato e che l’assoluta impossibilità di assistenza alla prole da parte della moglie non fosse esclusa per il fatto che la donna avesse una occupazione lavorativa.

Gli Ermellini hanno ritenuto il ricorso fondato ed hanno evidenziato i requisiti per concedere la detenzione domiciliare: pena detentiva residua non superiore ai quattro anni ed esercizio da parte del detenuto della responsabilità genitoriale verso i figli unitamente alla situazione di assoluta impossibilità della madre di fornire ai bambini assistenza morale e materiale.

L’assoluta impossibilità della madre ad accudire la prole non va, dunque, intesa rigidamente: non è, infatti, richiesta una difficoltà tale da superare le normali capacità reattive della persona considerata autonomamente e nel contesto familiare.

Nel caso in oggetto non costituisce elemento idoneo a dimostrare la capacità della donna ad accudire i figli minori il fatto che ella svolgesse regolare attività lavorativa, soprattutto considerando la relazione peritale che evidenziava le difficoltà della stessa – causate dalla propria situazione patologica – nel gestire le proprie responsabilità genitoriali.

Si ha, dunque, “assoluto impedimento” quando il genitore non è in grado di garantire alla prole di minore età “adeguate capacità accuditive“.

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