La Corte di Cassazione, con sentenza n. 17793/2017, ha statuito che la donna che molesti l’ex e sua moglie mediante messaggi e mail procurando loro uno stato d’ansia, rischia una condanna per stalking.
Nella fattispecie una donna aveva più volte tenuto la condotta descritta, cagionando un forte stato d’ansia alle vittime derivante altresì dal fatto che, alcuni anni prima, la stessa aveva causato alla moglie dell’ex lesioni gravissime per le quali era stata condannata.
L’imputata non ha mai negato i numerosi contatti nei confronti dell’ex giustificandoli, però, con la necessità di recuperare un credito verso il medesimo del quale la Corte d’Appello non ha ritenuto essere stata fornita prova.
In Cassazione l’imputata si difende contestando la sussistenza dell’elemento materiale e soggettivo del delitto, affermando che nel secondo grado di giudizio non si fosse motivato circa le sue condizioni mentali al momento della commissione dei fatti, in considerazione della sua malattia – Alzheimer – dalla quale sarebbe derivata la sua incapacità di intendere e volere.
Secondo la Suprema Corte il ricorso va rigettato, condividendo la valutazione della Corte di Appello circa l’attendibilità della persona offesa, il fatto che le condotte riferite non fossero state negate dall’imputata, nonchè l’insussistenza di ogni riscontro probatorio in ordine all’esistenza di un credito.
La perizia d’ufficio aveva, inoltre, evidenziato che la ricorrente si era resa conto delle condotte poste in essere, cercando di giustificarle e rendendosi, dunque, consapevole di recare molestia e disturbo all’ex agendo proprio per ottenere questo scopo.
Infine è stata altresì riconosciuta la recidiva a carico dell’imputata per avere la stessa reiterato condotte analoghe a quelle per le quali era già stata condannata in passato.