La Corte di Cassazione, con sentenza n. 13849/2018, ha respinto il ricorso di un padre e lo ha condannato per violazione degli obblighi di assistenza familiare (ex art. 570 c.p. comma 2 n. 2) per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia minore.
Il padre, infatti, dopo i primi due mesi di adempimento – e pur avendo assunto consensualmente l’obbligo di contribuire al mantenimento della figlia – si era reso inadempiente.
Tale condotta avrebbe potuto essere penalmente irrilevante solo nel caso in cui egli avesse dimostrato la sua assoluta incapacità economica.
Secondo la difesa dell’uomo non è stata considerata nel merito la parziale corresponsione dell’assegno di mantenimento, nè la percezione dell’assegno familiare da parte della madre della minore e neppure le “spese mediche e sportive” e quelle relative “all’acquisto di alimenti e vestiario” che il ricorrente aveva sostenuto.
Ciò che – secondo il ricorrente -avrebbe dovuto dimostrare l’avvenuto soddisfacimento delle esigenze primarie della figlia anche tenendo in considerazione “i problemi di lavoro a causa della crisi del settore degli autotrasportatori” dallo stesso subiti nel periodo in contestazione.
La Suprema Corte ha confermato la posizione del giudice di merito secondo cui nel caso in esame “si era creata una situazione di necessità per la parte offesa, la quale, se pure guadagnava qualcosa con il lavoro di domestica, aveva dovuto ricorrere all’aiuto dei familiari per poter continuare a provvedere alle esigenze fondamentali della vita della minore“.
Secondo la Cassazione rientrano tra i mezzi di sussistenza non solo quelli “per la sopravvivenza vitale (quali il vitto e l’alloggio), ma anche gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana“; in ogni caso la generica “crisi del settore degli autotrasportatori“, il carattere consensuale dell’obbligo al mantenimento assunto dal padre e l’inadempimento quasi immediato da parte dello stesso, nonché la necessità che l’incapacità economica dell’obbligato sia assoluta, non incidono sulla condotta del soggetto che, dunque, resta penalmente irrilevante.
A nulla è valso per il padre aver contratto un mutuo per fa fronte al debito, in quanto detta condotta si è verificata solo dopo che la madre della minore aveva avviato un giudizio civile per il recupero coattivo del dovuto.
Il ricorso va, dunque, rigettato.