Assegno di divorzio e moglie che non vuole lavorare

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 25697/2017, ha stabilito che il giudice nel determinare l’assegno divorzile deve considerare anche l’effettiva possibilità del coniuge che lo pretende a svolgere un’attività lavorativa retribuita.

Ne consegue che l’assegno debba essere rideterminato o soppresso se l’ex moglie, madre di figli grandi, in grado di stare a casa da soli, rifiuti di cercare un lavoro e non accetti proposte d’impiego.

Nella fattispecie il ricorrente lamenta che il giudice di secondo grado abbia omesso di valutare la sua richiesta di diminuzione dell’assegno divorzile non tenendo in considerazione l’inerzia della ex moglie nella ricerca di un impiego ed il rifiuto della stessa ad una concreta opportunità lavorativa.

Secondo la Suprema Corte, infatti, rileva, ai fini dell’attribuzione e della quantificazione dell’assegno, la prova delle condotte allegate dal ricorrente circa il mancato reperimento, da parte della donna, di una attività lavorativa.

Ciò in quanto il giudice del merito deve valutare l’attitudine del coniuge richiedente l’assegno a procurarsi un reddito da lavoro.

Nella fattispecie tale principio è ancor più rilevante considerato che i figli, ormai grandi, non necessitano della costante presenza di un adulto.

Secondo gli Ermellini, il giudice di merito non si è pronunciato con adeguata motivazione: il provvedimento impugnato va, dunque, cassato con rinvio.

 

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