Detenute e figli

Si segnala la sentenza n. 174/2018 con la quale la Corte Costituzionale ha stabilito che «Subordinare il beneficio dell’assistenza esterna ai figli minori di 10 anni alla scelta di collaborare con la giustizia significa condizionare in via assoluta e presuntiva la tutela del rapporto tra madre e figlio in tenera età al “ravvedimento” della condannata».

Appare, pertanto, più utile garantire ai minori un rapporto il più normale possibile con la madre anche se quest’ultima sta in carcere e non mostra segni di pentimento.

Si può, quindi, condizionare alla collaborazione con la giustizia l’accesso a un beneficio se quest’ultimo è volto alla risocializzazione del detenuto, ma questa possibilità non sussiste se l’interesse protetto è “esterno” e, più precisamente, se è quello del figlio minore ad un rapporto quanto più possibile normale con la madre.

Da qui l’incostituzionalità dell’art. 21 bis Legge n. 354/1975 che, nel caso delle detenute per i “reati ostativi” ex art. 4 bis commi 1, 1 ter e 1 quater legge citata, nega l’accesso a questo beneficio o lo subordina all’espiazione di una frazione di pena, salvo che sia accertata una collaborazione attiva con la giustizia.

Incostituzionalità della norma che, comunque, non pregiudica le esigenze di sicurezza in quanto la concessione del beneficio «resta pur sempre affidata al prudente apprezzamento del magistrato di sorveglianza chiamato ad approvare il provvedimento disposto dall’amministrazione penitenziaria».

 

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