La Corte di Cassazione, con sentenza n. 54938/2016, ha ritenuto non sussistente il reato di diffamazione in capo ad una donna a seguito di alcune dichiarazioni dalla stessa rese nell’ambito della sua escussione quale testimone in un procedimento per abusi su minore a carico del figlio.
La signora, infatti, durante l’esame testimoniale, aveva affermato che la nuora aveva intrattenuto una relazione extraconiugale.
Citata in giudizio, il suo comportamento non è stato ritenuto idoneo a configurare una fattispecie di reato.
Inoltre, durante il procedimento non è stata contestata la veridicità di quanto dalla stessa affermato quale teste: ne consegue che il tradimento deve ritenersi perpetrato.
Le parole utilizzate dalla suocera non avevano carattere dispregiativo ma erano “funzionali e proporzionate a quanto sollecitato dal perito”.
Non furono, infatti, pronunciate espressioni “gravemente infamanti e inutilmente umilianti“; fu, invece, rispettato il requisito della continenza quale “elemento costitutivo della causa di giustificazione del diritto di critica“.
La sentenza di condanna a pena pecuniaria per il reato di diffamazione va, dunque, annullata senza rinvio in quanto il fatto non sussiste.