La Corte di Cassazione, con sentenza n. 24805/2017, ha ritenuto che spetti alla ex moglie, di anni settantuno e priva di occupazione lavorativa, un assegno divorzile compatibile con le capacità economiche del marito, dopo un matrimonio durato trentacinque anni.
La corresponsione dell’assegno appare, infatti, giustificata avuto riguardo alla sperequazione patrimoniale tra i due coniugi: da una parte l’ex marito avente la disponibilità di un reddito annuo di sessantamila euro nonché beni di proprietà per un valore di circa quattrocentomila euro, dall’altra la moglie priva di redditi ma proprietaria di beni stimati circa centomila euro.
Nel giudizio di Cassazione le doglianze della moglie relative all’importo dell’assegno non sono ritenute ammissibili in quanto infondate nonché volte ad una riedizione del giudizio di merito.
Per le medesime ragioni non trovano accoglimento neppure le doglianze del marito circa l’acritico recepimento delle conclusioni della C.T.U. operato dal giudice d’appello, oltre che la quantificazione operata dalla detta consulenza quanto ai redditi diversi attribuiti alle parti.
In relazione alla moglie, la Corte d’Appello ha deciso l’ammontare dell’assegno considerando l’inadeguatezza dei mezzi economici della donna (mancata percezione di redditi), la condizione di preclusione al mercato del lavoro, la modestia del capitale disponibile a causa dello scioglimento delle comproprietà con il marito, la durata del matrimonio ed il suo contributo alla vita familiare, alla cura della prole ed all’attività economica del marito.
Quanto alla consulenza tecnica, la Corte d’Appello ha tratto l’accertamento e la definizione di fatti non contestati dalle parti.
L’esito della C.T.U. ha evidenziato una compatibilità tra ammontare dell’assegno con le capacità economiche del marito, motivazione non sindacabile in Cassazione.