Con ordinanza n. 3913/2018 la Corte di Cassazione ha stabilito che il genitore che rifiuta i vaccini e propone cure omeopatiche per i figli rischia l’esclusione dall’affido condiviso degli stessi in relazione alle decisioni sulla loro salute ed alimentazione e la collocazione dei minori presso l’altro genitore.
Nel caso in oggetto, la madre affetta da disturbo psichico aveva rifiutato le cure tradizionali ed i vaccini per i figli prediligendo trattamenti omeopatici e cure basate sul regime dietetico.
In fase di separazione il giudice aveva disposto l’affido condiviso dei figli ad entrambi i genitori, salvo che per le decisioni relative alla loro salute ed alimentazione (attribuite in via esclusiva al padre) nonché la loro collocazione abitativa presso il padre.
La decisione era stata confermata dalla Corte d’Appello nonostante l’impugnazione della madre volta ad ottenere l’affido congiunto dei figli e la loro collocazione presso la sua abitazione.
La donna ricorre, dunque, in Cassazione lamentando che il giudice del merito aveva deciso di escluderla dall’affido condiviso circa le scelte per cure mediche ed alimentazione dei minori non già tenendo conto del superiore interesse dei minori ma in forza dei convincimenti della donna sulla non opportunità di sottoporre i figli a vaccinazione.
Inoltre il giudice non avrebbe considerato la relazione di parte che aveva escluso l’esistenza dei disturbi psichiatrici della donna e la riconducibilità alle patologie delle convinzioni sugli effetti dannosi delle vaccinazioni e l’utilità di cure omeopatiche.
Secondo la Cassazione, la Corte d’Appello ha confermato la sentenza impugnata in quanto l’appellante non aveva addotto elementi idonei a fondare le censure mosse alla sentenza di primo grado: l’inosservanza dell’onere di specificazione dei motivi, ex art. 342 c.p.c. comporta l’inammissibilità dell’impugnazione, con conseguente passaggio in giudicato della sentenza appellata.
Il motivo del ricorso in Cassazione è dunque inammissibile per non essere stata la questione di merito congruamente sollevata in sede d’appello.
Gli Ermellini, in punto collocazione prevalente dei minori presso il padre, hanno condiviso la scelta del giudice di merito ritenendo che l’individuazione del genitore collocatario sia frutto di un giudizio nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole quanto alla capacità dei genitori di crescere ed educare i figli a seguito della separazione.
Vanno altresì considerate le modalità in cui ciascun genitore ha precedentemente svolto i propri compiti, le rispettive capacità di relazione affettiva, attenzione, comprensione, educazione e disponibilità ad un assiduo rapporto, nonché la personalità di ogni genitore, le sue consuetudini di vita e dell’ambiente sociale e familiare da offrire ai minori.
Nel caso in esame è stato ritenuto che la soluzione di maggior tutela per i minori fosse quella di essere collocati presso il padre in quanto la madre aveva dimostrato di non essere ancora in grado di assumere comportamenti adeguati verso i figli se non su indicazione del consulente.