Si segnala la sentenza n. 35790/2018 con cui la Corte di Cassazione ha condannato per il delitto di stalking, ai sensi dell’art. 612 bis c.p., un uomo responsabile di atti persecutori nei confronti dell’ex fidanzata.
Nella fattispecie l’uomo era stato denunciato per il suddetto reato e condannato anche in grado di appello avuto riguardo agli elementi probatori emersi e alle deposizioni dei testimoni e della persona offesa.
Egli, infatti, nelle due settimane successive alla cessazione della relazione, aveva posto in essere diverse condotte vessatorie consistenti in insistenti telefonate, messaggi, appostamenti sfociati – infine – in una vera e propria aggressione ai danni della donna.
Anche l’offerta di doni non desiderati e rifiutati dalla ex fidanzata si configurava come una forma di imposizione e di implicita richiesta di ripristino della relazione.
In Cassazione la difesa dell’imputato lamenta travisamento della prova e vizio di motivazione per avere la Corte di Appello “assegnato valore non conferente ai fatti, stravolgendo il senso e il confine della vicenda processuale, in riferimento all’evento del reato e all’elemento soggettivo” e rileva che le condotte “solo moleste” si sarebbero reiterate in un breve lasso temporale al fine di ricomporre la rottura della relazione.
Secondo gli Ermellini il delitto di atti persecutori si può configurare anche quando le singole condotte siano reiterate in un ambito temporale ristretto purchè si tratti di atti autonomi e che la loro reiterazione, pur in un brevissimo lasso temporale – anche di un sol giorno – sia causa di uno degli eventi previsti dall’art. 612 bis c.p.
Nel caso in oggetto la donna, a seguito dell’ingerenza dell’ex fidanzato nella sua vita, viveva in un perdurante stato d’ansia e paura tale da determinarla – dopo la denuncia – a trasferirsi ed a rendersi irreperibile anche ai suoi conoscenti.
Gli Ermellini, ritenendo inammissibili le doglianze dell’imputato in quanto consistenti in una diversa interpretazione degli esiti probatori non consentita in sede di legittimità ed affermando che, nell’ambito di condotte persecutorie e insistenti poste in essere dall’uomo, anche l’offerta di doni non desiderati ha una portata molesta, ne confermano la condanna per atti persecutori.