Mantenimento del figlio maggiorenne

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 30540/2017, ha ritenuto dovuto il mantenimento al figlio maggiorenne studente universitario che ha rifiutato il posto nell’azienda del padre in ragione del forte conflitto tra i due.

Gli Ermellini hanno affermato che in tale ipotesi non è ravvisabile una colpevole inerzia del giovane in quanto quella prospettata non si configura come vera e propria occasione di lavoro quanto piuttosto come “fase della dialettica tra genitore e figlio”.

Nella fattispecie il padre aveva ottenuto una riduzione dell’importo dell’assegno di mantenimento che corrispondeva al figlio di ventiquattro anni rispetto alla somma originariamente stabilita dal Tribunale.

Figlio e madre appellavano la sentenza: la Corte d’Appello riteneva non sussistente l’asserita colpevole inerzia del giovane idonea a far revocare l’obbligo contributivo ed affermava che nel percorso di studi del giovane avesse interferito il suo tentativo di inserimento nell’azienda paterna, fallito anche in ragione del significativo deterioramento del rapporto padre-figlio.

Anche nanti la Suprema Corte, che ha condiviso l’operato del giudice di secondo grado, le doglianze paterne non hanno trovato accoglimento: esse si configurano, infatti, quale inammissibile richiesta di riesame delle risultanze processuali e di una diversa selezione dei fatti emersi durante la fase di merito, non possibile in Cassazione.

Secondo gli Ermellini, infatti, il mantenimento del figlio maggiorenne non cessa con il raggiungimento della maggiore età ma perdura finché il genitore interessato non provi che il figlio abbia raggiunto l’indipendenza economica o abbia rifiutato ingiustificatamente di cogliere le occasioni per raggiungere la propria indipendenza.

Il ricorso, pertanto, è stato respinto.

 

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