Mantenimento del figlio sessantenne

Si segnala la sentenza con la quale il Tribunale di Modena (1.02.2018) ha stabilito che nel nostro ordinamento non vi è una norma che imponga al genitore di far vivere il figlio maggiorenne, seppure privo di redditi, nella casa di sua proprietà contro la sua volontà.

Il figlio maggiorenne che versi in stato di bisogno può, infatti, chiedere gli alimenti; il soggetto obbligato (genitore) invece di accogliere e mantenere il figlio nella propria abitazione può adempiere mediante la corresponsione di un assegno periodico.

Nel caso in oggetto la madre aveva chiesto il rilascio dell’abitazione di sua proprietà occupata dal figlio con il quale, anche dopo la morte del marito, aveva convissuto fino al momento in cui era stata ricoverata in una struttura per anziani.

Soluzione necessitata sia dal fatto che la donna non era più autonoma sia dall’indifferenza e dalla ostilità manifestata dal figlio tanto da rendere intollerabile la convivenza.

Il figlio, che occupava l’immobile senza versare alcun contributo, sosteneva che i genitori gli avevano consentito di stare nell’abitazione essendo egli privo di redditi.

Il Tribunale considerata l’età del figlio (sessanta anni) richiama una pronuncia del Tribunale di Milano (29.03.2016) secondo cui “con il superamento di una certa età, il figlio maggiorenne, anche se non indipendente, raggiunge comunque una sua dimensione di vita autonoma che lo rende, se del caso, meritevole del diritto agli alimenti, ex articolo 433 del c.c., ma non più del mantenimento ex articoli 337-ter, 337-octies del c.c. “.

Ed ancora, secondo la Suprema Corte (Cass. n. 18076/2014) il figlio maggiorenne non può pretendere che l’obbligo al mantenimento si protragga oltre ragionevoli limiti di tempo e misura, in quanto tale obbligo si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e formativo.

Il Tribunale rileva, dunque, “che oltre la soglia dei 34 anni, lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non può più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere che, da quel momento in poi, il figlio stesso può, semmai, avanzare le pretese riconosciute all’adulto (vedi regime degli alimenti)“.

Nel caso in oggetto il figlio non aveva mai avanzato richiesta di alimenti, né è stata fornita la prova che la madre avesse voluto adempiere spontaneamente ad un’obbligazione alimentare tenendo il figlio nell’immobile di sua proprietà.

In assenza di obblighi di mantenimento la convivenza è rimessa alla libera determinazione delle parti: non è ravvisabile nel nostro ordinamento una norma che attribuisca al figlio maggiorenne il diritto di rimanere nell’abitazione dei genitori contro la loro volontà ed in base al solo vincolo familiare, anche nel caso in cui egli non sia autosufficiente.

Ai sensi dell’art. 433 c.c. (somministrazione alimentare) il somministrante gli alimenti può adempiere non solo accogliendo o mantenendo nella propria casa chi ne ha diritto ma riconoscendo un assegno periodico.

Nella fattispecie il figlio non aveva formulato alcuna domanda di alimenti.

I genitori hanno, quindi, il diritto di richiedere al figlio convivente il rilascio dell’immobile occupato concedendo un termine ragionevole per ottemperare avuto riguardo anche alla durata del rapporto.

Il Tribunale ha, pertanto, accolto la richiesta della madre di rientrare nel possesso dell’immobile di sua proprietà ed ha condannato il figlio a rilasciare l’abitazione nel termine di quattro mesi.

 

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