La Corte di Cassazione, con sentenza n. 55713/2018, ha condannato, ai sensi dell’art. 660 c.p., un anziano signore per aver corteggiato per mesi, in maniera ossessiva e senza alcun gradimento della destinataria delle attenzioni, la dipendente di un bar della quale affermava essersi invaghito.
L’uomo aveva più volte avvicinato la donna quando ella era sola nel bar, rivolgendole richieste ed espressioni di natura sessuale e seguendola mentre si recava a prendere la propria figlia a scuola.
Secondo i giudici di merito, la condotta dell’anziano integrava un atteggiamento invadente, costante ed inopportuno nei confronti della donna, la quale era stata costretta a cambiare le proprie abitudini.
L’uomo decideva, dunque, di impugnare la sentenza lamentando la mancata concessione delle attenuanti generiche e tentando così di ottenere, in sede di legittimità, una rivalutazione dei fatti peraltro non consentita.
I giudici a quo non avevano, infatti, ritenuto di poterle concedere avuto riguardo non solo ad un precedente penale (per lesioni) ma anche al comportamento processuale tenuto dal soggetto privo di ripensamento quanto alla illiceità delle azioni commesse.
Anche la Suprema Corte ha ritenuto che il comportamento del ricorrente, il quale “corteggia” insistentemente, in maniera non gradita, una persona, seguendola anche per strada, integrando la contravvenzione di cui all’art. 660 c.p., legittimi la condanna ad una ammenda.