Si segnala la sentenza n. 177/2018 con la quale il Consiglio Nazionale Forense ha confermato la condanna nei confronti dell’avvocato che non aveva più contribuito al mantenimento dei figli avuti dalla ex compagna, anch’essa avvocato.
Nella fattispecie, l’avvocata e madre dei minori aveva presentato al Consiglio dell’Ordine un esposto, evidenziando gli inadempimenti posti in essere dal padre dei suoi figli sia economici sia affettivi, essendo egli completamente scomparso dalla vita dei minori.
L’avvocato, infatti, non aveva provveduto a versare quanto dovuto neppure dopo la notifica di tre atti di precetto, arrivando addirittura a subire un’esecuzione forzata con tanto di intervento dell’Autorità di P.S. e del fabbro.
Il Consiglio dell’Ordine, ritenendo il professionista colpevole per il comportamento omissivo tenuto, comminava la sospensione dall’esercizio della professione forense per sei mesi, giudicando la condotta del legale idonea “…a produrre riflessi sulla reputazione professionale dell’avvocato o a compromettere l’immagine della classe forense“.
L’avvocato tenta di difendersi nanti il Consiglio Nazionale Forense affermando di non aver potuto adempiere agli impegni economici nei confronti dei figli minori sia a causa di difficoltà economiche ed esborsi per cure mediche costose per il figlio nato da una nuova relazione, sia a causa di una forte contrazione del reddito dovuta alla crisi economica.
Circostanze commesse, a parere del legale, senza dolo e, dunque, non idonee ad influire negativamente sulla sua reputazione personale e professionale, né tali da ledere l’immagine della classe forense.
Il Consiglio Nazionale Forense conferma la sanzione inflitta dal Consiglio dell’Ordine, ravvisando nei comportamenti tenuti nella vita privata ed ammessi dallo stesso professionista un disvalore deontologico che si riflette sulla reputazione e sulla considerazione di cui la classe forense dovrebbe godere.
L’avvocato ha, infatti, interrotto la corresponsione del contributo al mantenimento per i figli minori senza alcuna giustificazione e senza adoperarsi per eventualmente ottenere una riduzione degli stessi, accumulando un ingente debito fino al punto di subire un’esecuzione forzata
Comportamenti questi che, unitamente alla scomparsa dalla vita dei figli, “di certo comportano discredito personale e, di riflesso, per la classe professionale cui l’avvocato appartiene“.
Ne consegue che le asserite difficoltà economiche e le precarie condizioni di salute del figlio nato dalla nuova relazione non possono giustificare le condotte tenute.