Prove del tradimento

Si segnala la sentenza n. 34141/2019 con cui la Corte di Cassazione ha stabilito che spiare la chat del partner al fine di raccogliere prove del suo adulterio da utilizzare nel giudizio di separazione ai fini dell’addebito, integra il reato di accesso abusivo a un sistema informatico o telematico (art. 615-ter c.p.) e violazione di corrispondenza (art. 616 c.p.).

Nella fattispecie non rileva il fatto che il profilo fosse già “aperto” sul computer posto in un luogo comune dell’abitazione in quanto la norma punisce sia la condotta di chi si introduce nel sistema informatico o telematico, sia quella di chi vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo.

Il marito, dopo essere entrato sul profilo Skype, aveva stampato le chat tra la moglie e il presunto amante e le relative foto e le aveva poi utilizzate nella causa di separazione.

In entrambi i gradi di merito l’imputato era stato assolto.

La moglie ricorre, dunque, in Cassazione lamentando che i giudici di merito avrebbero erroneamente applicato l’art. 615-ter c.p. in quanto norma che punisce sia l’accesso abusivo a un sistema informatico che il mantenimento nello stesso contro la volontà del titolare.

La doglianza è accolta dalla Suprema Corte che critica la Corte d’Appello per non essersi soffermata sulla condotta di illecito mantenimento che può perfezionarsi anche nell’ipotesi di casuale introduzione nel sistema informatico.

Gli Ermellini ritengono, inoltre, che la “giusta causa”- sussistente secondo i giudici di merito per non avere l’imputato divulgato “indiscriminatamente le conversazioni e le foto intime e compromettenti della moglie” limitandosi ad utilizzarle in sede di separazione allo scopo di ottenere l’addebito della controparte – venga considerata solo in relazione allo scopo perseguito mancando qualsiasi valutazione in ordine al “mezzo” attraverso il quale la corrispondenza telematica era stata conosciuta.

Il ricorso viene, pertanto, accolto e la sentenza annullata con rinvio.

 

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