La Cassazione, con sentenza n. 12756/2017, ha confermato la condanna di un soggetto per il reato di minaccia, ex art. 612 c.p., per avere questi detto alla propria ex “Il mio scopo nella vita è farti piangere“.
Tale espressione integra il suddetto reato anche se non segua una condotta volta ad intimorire.
Secondo la Suprema Corte elemento essenziale del reato è, infatti, la limitazione della libertà psichica mediante la prospettazione del pericolo di un male ingiusto, senza che sia necessario che uno stato di intimidazione si verifichi concretamente nella vittima.
Inoltre, viene evidenziato che già nel merito era stato illustrato il contesto ben poco sereno nel quale vivevano la fine del loro rapporto vittima ed imputato.
Non sussiste neppure la tenuità del fatto che può essere dichiarata solo allorquando – oltre all’imputato – anche la persona offesa non si oppone.
Nel caso in oggetto la volontà di opposizione è, invece, esplicita, infatti “è da ritenersi sussistente nel momento in cui la persona offesa come nel caso di specie una volta costituitasi parte civile formuli pure richieste risarcitorie“.