Stalking

La Cassazione, con sentenza n. 53630/2018, ha stabilito che integrano il reato di stalking le minacce e gli insulti nei confronti dell’ex a seguito della fine della relazione, seppur alternati ad ammissioni di colpa e richieste di perdono, avendo provocato nell’altro uno stato di ansia e paura.

Nella fattispecie un uomo, dopo la cessazione del rapporto sentimentale, aveva iniziato a tempestare la ex con telefonate e messaggi attraverso i social, procurandole un perdurante e grave stato d’ansia o paura, facendole temere per l’incolumità propria e costringendola ad alterare le proprie abitudini di vita.

La difesa dell’imputato contesta il reato di stalking ed evidenzia la reciprocità tra le parti di comportamenti molesti, sottolineando che la stessa ex era stata condannata per il reato di minacce ai danni dell’uomo.

La Suprema Corte condivide l’operato della Corte territoriale circa la valutazione dei fatti, delle dichiarazioni, delle minacce, delle recriminazioni, delle ammissioni di colpa e richieste di perdono, nonché il perdurante e grave stato di ansia e paura in cui era stata ridotta la donna come da dichiarazioni della stessa ritenute attendibili perché pacate e precise.

Secondo gli Ermellini ci si trova dinanzi ad una “doppia conforme“: ovverosia le sentenze di primo e secondo grado si saldano tra loro formando un’unica motivazione in quanto i giudici di appello hanno esaminato le doglianze dell’appellante con criteri omogenei a quelli usati dal primo giudice ed inoltre i motivi di gravame non hanno riguardato elementi nuovi, limitandosi a prospettare circostanze già esaminate nella decisione impugnata.

E’, altresì, stato ritenuto inammissibile il motivo con cui il ricorrente ha lamentato l’omessa acquisizione del presunto accertamento della responsabilità della donna per reato di molestie a suo danno.

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