Stalking anche a scuola?

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 28623/2017, ha stabilito che risponde del reato di stalking anche colui che “bullizza” il compagno di scuola offendendolo ed ingiuriandolo, nell’indifferenza dei compagni e degli insegnanti.

Nella fattispecie sono stati condannati per stalking alcuni ragazzi – minorenni all’epoca dei fatti – per avere perseguitato un compagno di liceo per due anni.

Gli imputati hanno contestato la sussistenza dell’elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all’art. 612-bis c.p., sottolineando che non fosse stata dimostrata la serialità delle condotte né il verificarsi dell’evento di danno richiesto dal reato.

La Suprema Corte ha, invece, ritenuto che i comportamenti lesivi reiterati (aggressioni fisiche e molesti) siano stati dimostrati nel merito sia grazie alle testimonianze sia in quanto emerse da un filmato prodotto in giudizio e realizzato proprio da uno degli aggressori.

Atteggiamenti tutti che avevano costretto la vittima, pestata ed insultata a turno dai bulli, a cambiare scuola dopo essere finito in ospedale a causa dei comportamenti dei “carnefici”.

A riguardo sono stati oggetto di critica da parte dei Giudici del merito anche i compagni conniventi e gli insegnanti che avrebbero dovuto tutelare il funzionamento dell’istituzione e non si accorsero di nulla.

Il bullo che perseguita il compagno di scuola commette, dunque, il reato di stalking.

Per contestare tale reato non è richiesta la precisa indicazione (data e luogo) di ogni episodio persecutorio: è sufficiente la descrizione in sequenza dei comportamenti tenuti, la loro collocazione temporale di massima e gli effetti avuti dalla persona offesa.

Ai fini della prova del turbamento psicologico della vittima vale la deposizione di quest’ultima se esauriente.

Il giovane ha affermato di aver continuato a subire la condotta di sopraffazione per evitare ulteriori botte: non rileva la circostanza che il ragazzo abbia inizialmente continuato a frequentare la scuola, nè che non abbia prodotto iniziali denunce e certificati medici.

Lo stato di sopraffazione psicologica è culminato con l’abbandono della scuola ove si svolgevano le vicende.

Il reato di ingiuria è stato assorbito dal più grave di atti persecutorie.

Respinto il tentativo della difesa di far valere la presunta prescrizione in quanto il relativo termine decorre non già dalla cessazione delle condotte ma, alternativamente, dall’evento di danno (alterazione delle proprie abitudini di vita o perdurante stato d’ansia e paura) o dall’evento di pericolo, ovverosia il fondato timore per la propria o altrui incolumità.

 

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