La Corte di Cassazione, con sentenza n. 50057/2016, ha condannato per stalking un uomo che, con comportamenti ossessivi e maniacali – consistenti soprattutto in pedinamenti, appostamenti, telefonate, telegrammi, raccomandate, denunce – contestava il ruolo genitoriale dell’ex convivente, diverso dal proprio così “scrupoloso” da diventare maniacale, ritenendola poco attenta alle esigenze ed allo stato di salute della figlia.
Nella fattispecie l’uomo, con condotte reiterate, minacciava e molestava la donna così da provocarle un perdurante e grave stato d’ansia nonchè il timore per l’incolumità propria e dei familiari, specie della figlia minore che, a seguito delle suddette condotte, riportava anch’essa stati d’ansia e turbe della sfera emotiva-affettiva secondaria e gravi patologie dell’accudimento.
Il ricorso dell’uomo in Cassazione è infondato: egli con il suo comportamento ossessivo sullo stato di salute della figlia, ha offeso sia l’ex convivente che la figlia minore, costringendola, malgrado le rimostranze della bambina stessa, a continue visite mediche ossessionato dal suo stato di salute.
Il Tribunale dei Minori e la Corte d’Appello avevano già evidenziato i comportamenti del ricorrente e le relative ripercussioni negative; egli era stato giudicato maniacale anche dai medici che si erano occupati della vicenda.
Sussiste, dunque, l’elemento soggettivo del reato: l’uomo, infatti, era consapevole dell’idoneità dei propri comportamenti a produrre ansia e timore per la propria incolumità sia della ex convivente che della figlia, la minore età della quale, costituisce aggravante.
Al rigetto del ricorso segue la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali.