La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10906/2017, ha stabilito che commette il reato di violenza privata chi, con costrizione o minaccia, costringe il partner ad adottare o a non adottare mezzi contraccettivi che incidono sulla potenzialità procreativa.
Non ha, invece, diritto ad essere risarcito per la nascita indesiderata di un figlio, l’uomo che non ha adottato precauzioni in quanto rassicurato dalla partner sul fatto che in quel periodo lei non fosse fertile.
Secondo la difesa dell’uomo la donna avrebbe detto una menzogna con la conseguenza di indurre il ricorrente a compiere l’atto sessuale senza precauzioni.
La domanda di risarcimento dei danni, rigettata nel merito, veniva riproposta in Cassazione in quanto il ricorrente riteneva che la Corte di Appello non avesse considerato il “principio generale e costituzionale della necessaria condotta di buona fede e correttezza delle parti nelle reciproche relazioni“.
Secondo la Suprema Corte la doglianza circa una “vera e propria truffa ” da parte della donna non è accoglibile in quanto il ricorrente non ha precisato il tipo di danno asseritamente derivatogli. Danno patrimoniale per il mantenimento del minore o danno esistenziale?
Inoltre – afferma la Corte – non si comprende come un rapporto sessuale possa essere configurato quale esercizio di un diritto ed adempimento del corrispondente obbligo di solidarietà affermato dal ricorrente.
L’obbligo di rispettare la volontà del partner rileva, in ambito penale, come tutela della libertà sessuale (art. 609-bis e ss. c.p.) e non della fertilità o meno dell’atto sessuale come scelta che l’uno possa imporre all’altro.
Secondo gli Ermellini se uno dei partner ha costretto l’altro ad adottare o a non adottare mezzi che incidono sulla potenzialità procreativa può integrarsi il reato di violenza privata (art. 610 c.p.) che si commette con violenza o minaccia ovvero costrizione ma non con una menzogna.
Per quanto riguarda, invece, la truffa si evidenzia che trattasi di reato contro il patrimonio: ne consegue che la paternità indesiderata non è riconducibile a tale fattispecie in quanto la legge prevede come conseguenza dell’inganno il fatto che chi delinque procuri a sè o ad altri un ingiusto profitto.
Il rapporto sessuale tra soggetti consenzienti non è, dunque, riconducibile ad un contratto nè è previsto alcun obbligo di informare il partner circa il proprio stato di fertilità.
L’eventuale informazione non corrispondente al vero circa il suddetto stato non comporta alcun risarcimento del danno.
Ciascun soggetto in grado di intrattenere un rapporto sessuale completo non può, quindi, ignorare l’esistenza di mezzi contraccettivi peraltro facilmente reperibili.
Considerata la ferma volontà di non procreare, il ricorrente avrebbe dovuto adottare idonee precauzioni: omettendo tale condotta ha assunto il rischio delle conseguenze della sua azione.