Si segnala la sentenza n. 7154/2017 della Corte di Cassazione (Sezione Terza Penale) che ha chiarito la differenza tra violenza sessuale consumata a e tentata.
Il reato è consumato – art. 609 bis c.p. – quando la violenza e la minaccia volte a costringere la vittima a compiere o subire un atto sessuale siano tali da violare in maniera immediata e concreta la sfera sessuale della stessa. Deve, quindi, esservi un contatto, sia pure breve, con le parti intime della persona offesa.
In ogni caso, per potersi configurare il reato, non serve una violenza tale da impedire alla vittima di opporre resistenza; è sufficiente che l’azione sia tale da superare la volontà contraria della vittima stessa.
Il reato è tentato quando il contatto sia stato fugace o superficiale e non si sia rivolto ad una zona intima della vittima o che il soggetto ritiene tale.
Si ha, altresì, tentativo quando sono stati compiuti atti diretti in modo non equivoco a porre in essere un abuso sessuale, non manifestatisi in un contatto corporeo.
Nella fattispecie l’imputato aveva posto in essere nei confronti della vittima “sfregamenti e baci sul braccio e sulle mani, toccamenti ripetuti e altre condotte che, tenuto conto del contesto e delle modalità, erano inequivocabilmente dirette a invadere la libertà sessuale delle sue vittime”.
Nel merito si era ritenuto che detti comportamento fossero riconducibili a quelli idonei ad integrare l’elemento oggettivo del reato ex art. 609-bis c.p.
Secondo la Suprema Corte, invece, si sarebbe dovuto parlare di delitto tentato e non consumato.
La Corte d’Appello dovrà, dunque, riesaminare la vicenda.